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Ed è per questo che hanno bruciato passi, cantandogliele. Speronando il machismo erotomane di palazzo con un colpo di spugna dal basso: per le strade, fuori dalle case, dai supermercati, davanti alle saracinesche abbassate dei negozi. Loro, donne comuni con qualcosa in comune. Loro, compatte e inarrendevoli, verbose e inappellabili. Stoiche, mai. Battagliere senza bandiere (politiche). Hanno marciato avverse al lassismo, alla mercificazione fisica e di pensiero. Di petto contro disparità sessiste e compravendite, con in tasca il progetto di una donna soggetto.
Garbate movimentiste, loro tutte. Qualcuna fragorosa, con mestolo e pentola al balcone. Altre sguarnite e più composte, ma con non meno risolutezza. Un paio persino sui trampoli, radiose sobillatrici-fenicottero. Al caldo nella lana dei loro maglioni, le facce fra le sciarpe bianche simbolo della protesta, c’erano proprio tutte, quel pomeriggio in Via Indipendenza: nonne e bambine, mamme, compagne, colleghe. Amiche. Caschetti d’argento e pashmine arcobaleno. Occhi di ghiaccio, di carbone, di immedesimazione. Occhi allacciati in un unico sguardo.
“La forza sana di oggi e di domani”, si sono autonominate. E lo hanno fatto con le loro rughe e la loro pienezza, la vivacità dei loro anni o il raziocinio rubato al tempo. In punta di penna (“Siamo le nipoti di Rita Levi Montalcini”) hanno scritto, e a ugola piena (“Né perbene, né permale. Unite, diverse, libere”) si sono espresse. Hanno camminato e cantato, hanno tuonato. Sonore come baci, incisive più che bisturi, cingolate e inarrestabili come carri armati di grazia, di fiele, di fulgore. Quando, se non ora? E chi, se non loro: donne, inoppugnabilmente, donne.
Luca Fiorini
2 commenti:
Un articolo politicamente tendenzioso.
l.
Solo per chi ha letto "tendenzioso" l'interno senso della manifestazione
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