“Cinquantamila” non sono solo le lacrime intonate da Nina Zilli nella colonna sonora voluta dal regista e sceneggiatore di Istanbul, ma anche, arrotondando per eccesso, i momenti di ilarità che infarciscono l'ultimo copione del Ferzan de “Il bagno turco”, fra squisite mine ignoranti – pardon: vaganti – che delle vecchie fate di nove anni addietro conservano la caustica gaiezza, smezzandone la zavorra.
Protagonista è Tommaso (Riccardo Scamarcio), piacente trentenne espatriato nella Capitale, figlio minore di una discussa famiglia della piccola imprenditoria pugliese, che rientrato dapprima a Lecce per un ordinario soggiorno a denti stretti fra parenti indisponenti e un padre-padrone cui Ledda dedicherebbe volentieri un pugno di capoversi, opta infine per un outing roboante e insperato, bissando non senza indugio l'omo-nima dichiarazione del fratello (Alessandro Preziosi).
E quello stesso bicchiere che nel 2001, sibillino sul finale del set, cade senza infrangersi ai piedi di una emule e tremule Margherita Buy preannunciando il confidato ritorno di una persona amata, compare nuovamente qui, integro ed eloquente più che mai, a risuonare col rintocco bucante di un cucchiaino per richiamare l'attenzione dei presenti sgrassandone i sospetti, le coscienze, i convincimenti.
"Non farti mai dire dagli altri chi devi amare e chi devi odiare. Sbaglia per conto tuo, sempre": sono le parole irriducibili e senza biasimo della lucidissima nonna di Tommaso (Ilaria Occhini), golosa vecchia suicida di casa Cantone che con il giovane nipote in balia di un padre prevaricatore disingannato e una madre cortese ultraconservatrice condivide il rammarico di un amore sfrattato.
Fra contingenze tragicomiche e piccati botta&risposta di vago gusto tognazziano, le bombe che Ozpetek lancia al suo pubblico eterogeneo e divertito sono, in verità, ordigni erranti e disinnescati sul terreno minato di un pregiudizio puritano e antiprogressista dalla miccia cortissima. VOTO: 7,5
Protagonista è Tommaso (Riccardo Scamarcio), piacente trentenne espatriato nella Capitale, figlio minore di una discussa famiglia della piccola imprenditoria pugliese, che rientrato dapprima a Lecce per un ordinario soggiorno a denti stretti fra parenti indisponenti e un padre-padrone cui Ledda dedicherebbe volentieri un pugno di capoversi, opta infine per un outing roboante e insperato, bissando non senza indugio l'omo-nima dichiarazione del fratello (Alessandro Preziosi).
E quello stesso bicchiere che nel 2001, sibillino sul finale del set, cade senza infrangersi ai piedi di una emule e tremule Margherita Buy preannunciando il confidato ritorno di una persona amata, compare nuovamente qui, integro ed eloquente più che mai, a risuonare col rintocco bucante di un cucchiaino per richiamare l'attenzione dei presenti sgrassandone i sospetti, le coscienze, i convincimenti.
"Non farti mai dire dagli altri chi devi amare e chi devi odiare. Sbaglia per conto tuo, sempre": sono le parole irriducibili e senza biasimo della lucidissima nonna di Tommaso (Ilaria Occhini), golosa vecchia suicida di casa Cantone che con il giovane nipote in balia di un padre prevaricatore disingannato e una madre cortese ultraconservatrice condivide il rammarico di un amore sfrattato.
Fra contingenze tragicomiche e piccati botta&risposta di vago gusto tognazziano, le bombe che Ozpetek lancia al suo pubblico eterogeneo e divertito sono, in verità, ordigni erranti e disinnescati sul terreno minato di un pregiudizio puritano e antiprogressista dalla miccia cortissima. VOTO: 7,5
L.F.