

Prendete un pianeta misconosciuto (Pandora), riempitelo con una popolazione di giganteschi indigeni
smurf’s color dal nautico appellativo (Na’vi) e aggiungete a questa mistura trivial-futuristica la consueta smania di colonizzazione terrestre sulle tracce di un minerale alieno di inesauribile pregevolezza (l’Unobtanium). Unite poi al gruppo di ex marines e ricercatori in conflitto con la tribù autoctona di umanoidi dai tratti felini il più sofisticato frutto robotico dell’ingegneria genetica imprestata alla fantascienza, spolverizzando il tutto con la possibilità per “i buoni” di calarsi nei panni dei propri
avatar, ibridi di laboratorio fra comuni individui e nativi
non conventional del “nuovo mondo”. Condite infine a piacimento con scenari apocalittici da grandangolo americano su cui far campeggiare efferate lotte intestine in alternanza ad innamoramenti tra personaggi principali ed otterrete così il tanto atteso e saporitissimo polpettone della nuova animazione fanta-kolossal a stelle e strisce firmata James Cameron.
Fra le simmetrie di chi lo paragona a “Titanic” per il gigantismo delle scene e degli incassi multimilionari al box office oltre che per la comune direzione di regia, chi ne biasima la psicologia abbozzata e un po’ grossolana dei soggetti in azione e chi va predicando un plot-collage fra “Pocahontas”, “Breveheart” e l’indimenticato “Balla coi lupi”, quello su cui non vi sono dubbi è che “Avatar” sia un film da vedere, ultimo nato di una settimana arte in digitale che non accenna a voler smettere di stupire.

Dinamico, avvincente, teatralissimo, i suoi 162 minuti in un mix di riprese on stage e animazione in digitale valgono appieno il prezzo del biglietto.
E se dicembre 2009 è stato il mese dei consueti “cine-panettoni” di italiana manifattura, gennaio 2010 verrà certo ricordato come il momento della “Pandora” in terza dimensione, femminile e “singolare” in (e per) ogni senso. VOTO: 9
L.F.